Ci sono posti che non puoi raccontare con i numeri, e Giffoni è uno di questi.
Certo, i numeri fanno impressione: trentamila presenze al giorno, cinquemila ragazzi da trenta Paesi, 320 ospiti internazionali. Ma quello che resta, alla fine, sono le voci che si accavallano dopo un film, le lacrime asciugate in fretta, le discussioni al bar mentre tieni stretto un bicchiere di plastica.
Il 55esimo Giffoni è stato così: vivo, rumoroso, necessario – come diceva Truffaut, e per una volta quella parola non sembra un ricordo da cinefilo, ma la definizione più giusta.
Quest’anno hanno vinto storie che non ti lasciano indifferente. C’è un bambino che vorresti abbracciare subito: si chiama Charlie, ha i superpoteri ma la cosa più straordinaria che fa è proteggere il fratello, ridendo mentre il mondo gli cade addosso (Super Charlie).
C’è una ragazzina che scopre la musica e nel farlo trova anche le sue radici, quelle di famiglia che spesso fanno più paura di un palco (Honey).
C’è un ragazzo che insegue un padre mai conosciuto come se quel volto fosse l’unico pezzo mancante per sentirsi intero (Wolfgang).
C’è un’adolescente divisa tra due mondi che cerca di capire chi è davvero, se figlia adottiva o figlia del sangue (Isle Child).
C’è una donna che lotta contro le regole di un villaggio iraniano solo per potersi guardare allo specchio e dire: “Io esisto” (Cutting Through Rocks).
E poi, in mezzo a tutto questo, c’è un pinguino. Un pinguino salvato da una marea nera che torna ogni anno dal pescatore che gli ha salvato la vita (My Penguin Friend). Una storia vera, e quando la sala ha applaudito, sembrava quasi che lo stessimo ringraziando tutti, quel pescatore.
Sono film che non si limitano a raccontare: ti prendono per mano e ti portano dove non vuoi andare. Ti costringono a guardarti dentro.
E poi c’è stato lui. Claudio Gubitosi. L’uomo che Giffoni lo ha inventato e che quest’anno ha detto addio.
“Sacrifici, amore, occhi aperti e poesia. Senza poesia non si arriva da nessuna parte”, ha sussurrato, con quel modo che hanno gli uomini quando sanno che il difficile è fatto e ora tocca ad altri. Ha lasciato il testimone al figlio Jacopo e a Luca Apolito con un sorriso che non era di chi perde, ma di chi ha vinto la partita più lunga: quella di costruire qualcosa che resterà.
Non ci sono tappeti rossi, non ci sono flash a ogni passo. A Giffoni i protagonisti sono i ragazzi che si siedono in sala con un taccuino e scrivono freneticamente i loro giudizi, quelli che escono con le guance arrossate perché un film li ha messi davanti alle proprie paure.
Ti fermi a parlare con sconosciuti, commenti un finale, ridi, litighi, ti emozioni. Qui i film non si “proiettano”: si condividono.


