Piante che sembrano respirare. Ti ci metti davanti e hai quasi l’impressione che ti guardino, che si muovano appena, come se stessero decidendo se accoglierti o respingerti. Non sono “nature morte”, e chiamarle così sarebbe un insulto. Sono esseri vivi, reinventati, piegati a leggi fisiche che non sono le nostre, come se venissero da un altrove dove la gravità si comporta in modo diverso e la luce ha un altro colore.
Vincent Fournier le ha costruite con una precisione quasi chirurgica – fotogrammetria, animazione 3D, tutto quello che la tecnologia può offrire – ma il risultato è stranamente poetico. Non senti il freddo del digitale, anzi: è come se ogni linea, ogni curva, fosse stata disegnata a mano da qualcuno che ama profondamente la vita. Solo che qui la vita non è quella che conosciamo. È una vita “altra”, che cresce, muta, si piega a venti che non esistono sulla Terra.
E allora ti viene da chiederti: e se davvero le piante fossero così? Se da qualche parte, su un pianeta lontano, ci fosse una foresta che non assomiglia a nulla di ciò che conosciamo, ma che comunque ha in sé qualcosa di familiare? Perché queste creature immaginate, per quanto stranianti, ci parlano di noi. Della nostra fragilità, della nostra capacità di adattarci, del nostro bisogno ostinato di continuare a vivere, anche in condizioni estreme.
Fournier non cerca rifugi su altri mondi, non è questo il punto. Il suo lavoro è un avvertimento gentile, quasi una carezza: guardate quanto è preziosa la vita, anche quando la reinventiamo. E mentre guardi queste piante impossibili, ti viene voglia di uscire e abbracciare la prima pianta vera che incontri.
Se sei a Parigi, vai a vedere Flora Incognita da Saint Laurent Rive Droite, in 213 Rue Saint-Honoré, fino al 10 settembre 2025. Non è solo fotografia: è un promemoria che la vita – qui o altrove – è la cosa più straordinaria che abbiamo.


