Certe notti la città non dorme, e nemmeno tu. Leggi Le mille luci di New York e ti sembra di sentire i taxi da lontano, la gente che ride per strada, il rumore dei bicchieri. Ti ritrovi a girare le pagine come se stessi seguendo un ritmo, uno di quelli che non si ferma mai.
Lui è un ragazzo che lavora come fact-checker in una rivista elegante, ma la sua vita è tutto tranne che controllata. Si riempie di cocaina, di notti sbagliate, di silenzi che fanno rumore. È uno che scappa da se stesso e finisce sempre nello stesso punto.
McInerney scrive come se avesse paura che la corrente vada via da un momento all’altro. Frasi brevi, lampi, parole che bruciano. Ogni pagina ti graffia, ma non ti lascia lividi: solo quella sensazione di stanchezza dolce che ti prende quando hai vissuto troppo in poco tempo.
È bello perché non racconta una storia: racconta una città. Ti ritrovi a New York anche se non ci sei mai stata. Senti l’odore dell’asfalto caldo, le vetrine che si spengono, la luce dei neon che ti fa male agli occhi. E mentre lui si perde, tu ti accorgi che stai cercando anche te.
Lo chiudi e ti resta addosso la città, la musica, l’alba che arriva senza avvisare.
Le mille luci di New York
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