Stamattina dovevo pagare la retta della scuola. App. Ieri volevo prenotare la palestra. App. La banca? OTP sul telefono, sennò niente. Lo SPID per qualsiasi cosa dello Stato. Il badge per entrare in ufficio. Persino i compiti dei bambini arrivano su WhatsApp.
Mi sono fermata un attimo e mi sono chiesta: ma quando è successo? Quando abbiamo deciso che era normale? Che se non hai il telefono sei fuori dal mondo?
Mia madre l’altro giorno non riusciva a pagare una bolletta. “Non ho l’app,” mi ha detto. E io cosa le rispondo? “Scaricala.” Come se fosse semplice. Come se fosse giusto.
Penso alle bambine e ai bambini. Quelle che nascono con lo schermo in mano. Che non sanno più cosa vuol dire aspettare. Che non conoscono la noia, quella cosa inutile che ti fa inventare giochi, mondi, storie. Tutto subito, tutto a portata di dito. Ma cosa gli stiamo togliendo?
Il silenzio, forse. La capacità di stare da soli senza riempire il vuoto. La libertà di non essere sempre rintracciabili, controllabili. Di sparire per un po’. Di non lasciare traccia.
Non dico che fosse meglio prima. Ma mi spaventa questa corsa dove non possiamo più scegliere. Se non hai lo SPID non accedi. Se non hai l’app non paghi. Se il telefono si scarica, sei persa pure tu.
Ci stiamo semplificando la vita o stiamo solo imparando a dipendere? A vivere in differita, mediati da uno schermo che ci promette controllo ma ci toglie autonomia.
Forse dovremmo fermarci un attimo. Guardare in faccia questa cosa e chiamarla col suo nome. Non è comodità. È dipendenza. E quando non puoi più scegliere, quella si chiama schiavitù.


