Tra chitarre distorte e melodie zuccherate, la musica globale sta cambiando volto. Il rock torna a far battere i cuori, mentre il J-Pop conquista anche l’Occidente. Un viaggio tra due mondi che, pur lontani, stanno riscrivendo il presente musicale.
C’è aria di rivoluzione nei palinsesti musicali globali. Dopo anni dominati dall’hip hop e dal pop elettronico, il 2025 segna una virata decisa verso due tendenze opposte ma complementari: il ritorno del rock e l’irresistibile espansione del J-Pop.
Il rock non è morto, è solo cambiato vestito
Le nuove generazioni stanno riscoprendo il fascino delle chitarre. Dai festival europei ai social network, cresce l’attenzione per band che fondono sonorità grunge, post-punk e alternative con estetiche contemporanee. Il successo dei Måneskin ha fatto da apripista, ma oggi sono decine i gruppi – da Stati Uniti, UK e perfino Corea del Sud – a riportare il rock al centro della scena.
A sorprendere è il pubblico: giovanissimo, assetato di autenticità, affamato di suoni analogici e testi ruvidi. Non è un ritorno nostalgico agli anni ‘70 o ‘90, ma un nuovo linguaggio, più ibrido e trasversale, che spesso convive con l’estetica digitale di TikTok. Si suona in inglese, ma anche in spagnolo, giapponese e italiano.
Il J-Pop conquista l’Occidente
Parallelamente, il Giappone esporta sempre più la sua pop music: colorata, coreografata e sofisticata. Dopo l’onda K-Pop, è il momento del J-Pop: meno aggressivo, più onirico, con una cura maniacale per i dettagli visivi e melodici.
Artisti come Aimer, Yoasobi, Ado e Official HIGE DANDism scalano le classifiche internazionali, portando con sé l’intero immaginario culturale nipponico: anime, moda Harajuku, idol culture. Spotify e YouTube sono le rampe di lancio, ma il boom si vede anche nelle colonne sonore di film, serie TV e videogiochi.
Due mondi in dialogo
Rock e J-Pop sembrano lontani, eppure si parlano. Entrambi si nutrono di teatralità, ribellione e desiderio di emozione autentica. Entrambi rompono i confini linguistici e culturali. E soprattutto, entrambi dimostrano che la musica oggi è più libera che mai: ibrida, globale, eppure profondamente personale.
Non resta che ascoltare. E farsi travolgere.