Ogni estate arriva con i suoi cliché.
Il lino che si stropiccia. Il denim chiaro che torna. I vestiti larghi che sembrano presi in prestito da qualcuno più grande.
Eppure, l’estate 2025 fa qualcosa di diverso: prende tutto questo e lo rende desiderabile. Autentico. Quasi poetico.
Il lino non è più il tessuto da “metto solo in vacanza” o da “non so che altro indossare con questo caldo”.
È diventato protagonista: nelle camicie destrutturate, nei completi che sembrano rubati a un artista francese, negli abiti lunghi che si muovono al minimo vento. E la sua piega naturale? Non è più un difetto. È il segno di chi vive, di chi non ha tempo per stirare perché ha cose più importanti da sentire.
Il denim ha smesso di fare lo scontroso.
Si rilassa, si apre, respira.
I jeans skinny sono un ricordo lontano (e francamente un trauma superato).
Ora si va di forme morbide, oversize, vintage: pantaloni a gamba larga, salopette destrutturate, giacche che sembrano abbracci.
È il denim del “faccio pace con me”.
E poi ci sono le silhouette.
Non più tagli che comprimono, segnano, impongono.
Ora si assecondano i movimenti, si abbracciano i volumi.
Gonne fluide, pantaloni palazzo, abiti a trapezio, tuniche che accarezzano e non costringono.
È la rivincita dello stare bene. Del vestirsi per sé.
Della moda come estensione di un corpo che non deve più essere corretto, ma accompagnato.
L’estate 2025 è quella della morbidezza.
Non solo nei tessuti, ma nei gesti.
È un’estetica che si mescola a un’etica: scegliere capi che durano, materiali che respirano, colori che non urlano ma parlano.
È il momento di vestire con lentezza.
Con intenzione.
E soprattutto, con leggerezza.