RECENSIONE – “Stitch” è tornato e ci ha spezzato il cuore (di nuovo)

È impossibile raccontare Stitch – o meglio, la nuova vita di 626 – senza provare un nodo alla gola. Questa nuova versione della storia di Lilo e Stitch è tutto quello che un film d’animazione dovrebbe essere: tenero ma non zuccheroso, divertente ma non scemo, struggente ma mai ricattatorio. È una storia che parla di famiglia, di fallimenti, di amore che resiste e rinasce nei luoghi più impensati. E soprattutto, è un racconto che ci dice che a volte, le famiglie si scelgono. Anche se sono fatte da alieni, surfisti disoccupati, agenti CIA travestiti da assistenti sociali, e sorelle più grandi che rinunciano all’università per restare madri dove non ce n’è più una.

Il film si apre con un processo intergalattico e già lì capisci che non sarà il solito cartone: c’è un che di drammatico, di satirico, quasi burocratico in quel tribunale spaziale. Ma quando l’Esperimento 626 (alias Stitch) piomba sulla Terra e finisce per essere adottato da una bambina orfana e rabbiosa come Lilo, allora il film cambia pelle. Diventa una storia di abbandoni che si trasformano in alleanze. Di caos che si tramuta in casa. E di alieni – letterali o meno – che imparano a essere umani.

La scrittura è sorprendentemente adulta. Non edulcora nulla: ci sono fallimenti, licenziamenti, sistemi sanitari inaccessibili, sensi di colpa che lacerano. Ma tutto viene narrato con delicatezza, con quella capacità rara di far convivere l’umorismo slapstick con una malinconia quasi poetica. Il personaggio di Nani, per esempio, è uno dei più riusciti: combattuta, stanca, a tratti disperata, ma mai vittima. È una sorella che si reinventa madre, senza che nessuno glielo abbia mai insegnato.

E poi c’è Stitch, naturalmente. Che all’inizio è tutto denti, zampe e distruzione, ma che lentamente scopre il potere delle storie, dei libri, delle foto in una casa mezza crollata. Il momento in cui si auto-definisce “perso, ma trovato” è da brividi. E quando annega per salvare Lilo, il film si prende un rischio emotivo enorme. Ma lo fa con una coerenza rara.

Il finale – senza spoilerare troppo – è una piccola rivoluzione: non è la redenzione dell’eroe, ma la costruzione, pezzo dopo pezzo, di una famiglia nuova. Non perfetta, ma possibile.

Stitch è un film che parla a chiunque si sia sentito inadatto, solo, arrabbiato. E che mostra come si può essere salvi anche senza essere “normali”. Con un’animazione vibrante, una sceneggiatura sincera e personaggi che sembrano usciti da una casa vera, non da uno studio, questo film è un abbraccio a tutti i piccoli alieni che portiamo dentro.

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