C’è una frase che Carmy pronuncia nel trailer della quarta stagione: “Nei ristoranti non sei mai solo.” Ma a guardarlo, col volto scavato e lo sguardo che non fissa mai nessuno, sembra il contrario. The Bear torna il 26 giugno su Disney+ e lo fa con la solita, meravigliosa, soffocante tensione che ormai è il suo marchio di fabbrica. Solo che stavolta, la posta in gioco non è solo il successo. È la coerenza, la fedeltà a sé stessi, la voglia di non morire nel tentativo di fare qualcosa di grande.
Alla fine della terza stagione, Carmy legge una recensione del Chicago Tribune. Le parole scorrono sullo schermo: “offerte diverse a ogni visita”, “manca coerenza”. E poi quel silenzio, quel “mother—” mozzato sul finale. Come un coltello piantato nel fianco.
Ed è da lì che si riparte. La squadra, ferita ma non piegata, prova a reagire. Tina è pronta. Syd pure. Richie, come sempre, galleggia tra il sarcasmo e l’abisso. Ma il tempo stringe, letteralmente. Zio Jimmy guarda Carmy e Syd negli occhi: “Quel timer vi dice quanti soldi ci restano. Quando arriva a zero, si chiude.” L’ansia è servita. Ancora.
Ma non è più solo una questione di piatti ben impiattati o clienti da stupire. È una battaglia di identità. “La ricerca dell’eccellenza non è più solo migliorarsi,” recita la sinossi ufficiale. “È decidere cosa vale la pena tenere.” In mezzo a nuove pressioni, dinamiche interne, tradimenti sussurrati e ritorni inattesi (come Donna, interpretata da una Jamie Lee Curtis sempre più spettrale), The Bear alza l’asticella emotiva. Perché questa non è una serie sul cibo. È una serie sulla fame. Fame di riscatto, di amore, di sollievo.
La verità? In ogni episodio si mastica la paura. Eppure nessuno smette di cucinare. Perché chi ha conosciuto il buio, si accontenta anche di una luce fioca. E se per trovare la coerenza bisogna prima passare per il caos, allora benvenuto, caos.