Nel cuore del “Maggio dei Libri”, quando scaffali e biblioteche si popolano di buone intenzioni, c’è un titolo che non si limita a farsi leggere, ma ti colpisce in faccia: Finché la vittima non sarà nostra, di Dimitris Lyacos, edito da Il Saggiatore. Pubblicato il 2 maggio 2025, questo libro è il prequel dell’ormai cult trilogia Poena Damni, e ha già conquistato lettori e critica per la sua potenza linguistica e il coraggio dei contenuti.
Lyacos, filosofo della narrazione e alchimista della parola, costruisce un mosaico feroce e visionario della violenza come forza strutturale delle società occidentali. Ogni capitolo è una lettera dell’alfabeto latino, un segmento autonomo, ma parte di un meccanismo più grande: una macchina narrativa che indaga il carcere, il corpo, la coercizione e il controllo tecnologico.
Il linguaggio è denso, spigoloso, mai compiacente. Non c’è traccia di pathos gratuito: tutto è asciutto, chirurgico, disturbante. Il lettore è costretto a partecipare, a mettere in discussione le sue certezze. Perché qui la vittima non è solo il protagonista. È ciascuno di noi. È la carne su cui si esercita il potere.
Perché leggerlo a maggio? Perché Finché la vittima non sarà nostra è l’opposto della comfort zone. E se la lettura ha ancora un senso civile, se serve a decifrare il mondo e non solo a distrarsi da esso, questo libro è il manifesto perfetto. Una voce fuori dal coro, un allarme necessario.