Non c’è più niente di romantico. Nessuna luna che si specchia sul Canal Grande, nessuna barca che taglia il silenzio dell’alba. Solo yacht, transenne, auto blindate e catering firmati. Venezia, quella vera, quella che si viveva col passo lento e lo sguardo perso nei dettagli, oggi si piega ancora una volta all’evento dei potenti.
Il 24 giugno Jeff Bezos e Lauren Sanchez si sposano qui. In una città che di promesse ne ha viste tante, e quasi tutte infrante. È l’ennesimo matrimonio da copertina che cancella la vita vera per fare posto a quella patinata. Quella che blocca strade, chiude ponti, alza muri invisibili ma solidi, tra chi può permettersi tutto e chi deve aspettare il giorno dopo per passare.
Venezia è diventata una scenografia in affitto. Le case, svendute a piattaforme di soggiorni brevi. I negozi storici, sostituiti da souvenir tutti uguali. I cittadini, costretti ad andarsene. Ne restano meno di cinquantamila. Contro venti milioni di turisti ogni anno. E ogni evento come questo accelera l’erosione.
A pochi interessa che il matrimonio porti soldi. Non bastano a comprare ciò che è già stato perso. Ogni festa per ricchi è un colpo di spugna sulla quotidianità. Scompaiono le linee dei vaporetti, spariscono le rotte dei motoscafi, si svuotano i sestieri per fare spazio ai flash.
Anche questa volta, i manifesti sono comparsi sui muri, le scritte sui ponti, gli striscioni appesi alle chiese. La città, quella vera, alza la voce come può. Ma nessuno ascolta. È tutto già deciso, come sempre.
E così, mentre le liste degli invitati fanno il giro del web, e si parla di chi indosserà cosa, di quali chef cucineranno e quali hotel verranno blindati, la città si prepara a scomparire per tre giorni. Poi per sempre.
Perché non si muore in un colpo. Si muore per sottrazioni. Una calle alla volta. Un residente alla volta. Una bottega alla volta.
E intanto, sopra tutto, la laguna resta lì. Bella e ferita. Pronta a farsi bella per chi la userà ancora. Finché non resterà più nessuno a raccontarla.