Parigi. Il Centre Pompidou che sembra sciogliersi in una tavolozza di bandiere. Un pavimento gigante come un gioco dell’oca. Le note live di una marching band. Pharrell Williams – che ormai ci ha abituato a piccoli musical che accompagnano le collezioni (e viceversa) – ci porta lontano. Dentro la sua visione. Dentro un mondo dove lo streetwear si fonde con il Gujarat, il damier Vuitton si popola di zebre e ranocchi, e ogni look racconta una tappa di un viaggio che è stilistico, ma anche spirituale.
La sfilata uomo Primavera/Estate 2026 di Louis Vuitton è una celebrazione della contaminazione. Non quella forzata e patinata, ma quella che nasce dall’osservazione e dal rispetto. India contemporanea e tailoring francese. Cricket e gabardine. Seta e pelle vissuta. L’effetto è un mosaico coraggioso, pieno di richiami cinefili (la “Darjeeling Limited” di Wes Anderson aleggia tra le righe) e affettuosi rimandi al viaggiare con stile.
Pharrell accende lo spettacolo. Così ogni modello è un personaggio. Si sfila con sandali importanti, giacche safari ricamate a mano, trench rigati che sembrano scappati da un film vintage, e accessori che non stanno mai zitti: dalla nuova Never-Erverfull ai foulard con miniature animalier.
In prima fila Beyoncé, Jay-Z, Tyler, the Creator. Ma la vera protagonista è la regia. Quella capacità di far parlare tutto: luci, musica, colori, perfino il vento. Alla fine, Pharrell saluta abbracciando la sua crew, come a dire: è un lavoro d’amore, non solo di moda.


