L’estate è quella stagione in cui molli la presa senza accorgertene. Ti ritrovi a mangiare a orari strani, a bere acqua di cocco alle dieci del mattino come se fosse normale, a scegliere una pizza invece di un’insalata senza nemmeno discutere con te stesso. È la stagione dei sapori improvvisi, delle cene lunghe e delle chiacchiere lente.
Eppure, sotto questa libertà apparente, c’è sempre quella vocina che punge: “oggi ho esagerato”, “domani devo compensare”.
Ma davvero vogliamo passare luglio contando i morsi di un gelato?
Il cibo non è un esame da superare, non è un metro per misurare quanto siamo bravi o disciplinati. È una parte di noi, della nostra felicità quotidiana. Ci nutre, ma a volte ci consola, e va bene così. Alcuni giorni mangiamo per fame vera, altri perché ci fa sentire meglio. Non c’è niente di sbagliato: riconoscere il bisogno – qualunque esso sia – è già una forma di cura.
Forse la chiave è tutta qui:
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ascoltare il corpo, non la bilancia;
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smettere di dividere i cibi in buoni e cattivi;
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concedersi il piacere senza chiedersi se lo meritiamo;
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buttare via la logica delle punizioni (oggi un gelato, domani digiuno – no, basta);
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essere più gentili con noi stessi, sempre.
L’estate dovrebbe insegnarci questo: che la libertà comincia anche da un piatto. Dal dire “sì” a quello che ci fa stare bene, senza doverci giustificare.
Forse il vero lusso stagionale è questo: mangiare senza paura.


